19 giugno 2019 - 21:34

Berlusconi: «Delego Carfagna e Toti come coordinatori di Forza Italia»

Il Cavaliere: «Il Congresso nazionale occasione per indire consultazioni popolari sulle cariche elettive. Il governatore: un fatto storico, anche se la rivoluzione non si fa con un board

di Paola Di Caro

Silvio Berlusconi all’arrivo in Senato  Silvio Berlusconi all’arrivo in Senato
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Potrebbe essere la svolta, è sicuramente un modo per tenere il partito unito in attesa di sviluppi, magari di elezioni a breve. È comunque la mossa che fa Silvio Berlusconi per evitare che Forza Italia si sfaldi, per spinte centrifughe e per continua emorragia di voti. Dopo una giornata di incontri e mediazioni e tregue e guerre, l’ex premier affida a Giovanni Toti e a Mara Carfagna il coordinamento del partito in vista e fino al congresso che si terrà «entro l’anno», e del quale andranno nelle prossime settimane scritte le regole considerando anche l’opportunità di «consultazioni popolari» per scegliere i vertici, un’ipotesi di primarie insomma. A coadiuvare i due coordinatori ci saranno Antonio Tajani e le due capigruppo Mariastella Gelmini e Anna Maria Bernini, per dare il segnale di un coinvolgimento di tutto il partito e non solo dei due «ribelli» azzurri che — l’uno a un passo dalla scissione e l’altra combattendo da dentro — avevano scosso negli ultimi tempi l’immobilismo azzurro.

La Carfagna ringrazia Berlusconi per la «fiducia» e rivendica di non aver «mai preso le distanze» dal partito che vuole però cambiare, Toti avverte che «la rivoluzione non si fa con un board», e punta tutto su «contenuti», tempi stretti, «congresso o primarie aperte», ma è contento: «È una giornata storica. Ci sarà da sudare e lavorare, ma finalmente a partire da Berlusconi tutti hanno capito che serve una svolta».

È certo un colpo di scena, visto che ancora due giorni fa Berlusconi si scagliava contro il suo delfino avvertendolo che se se ne fosse andato non avrebbe preso «più dell’1%». Ma la decisione di Toti di tenere duro sulla sua convention per la costituente di un nuovo partito (prevista per il 6 luglio, che diventerà ora un’iniziativa di partito), il seguito che stava acquisendo, la fermezza della Carfagna e del partito del Sud nel pretendere «un cambiamento radicale» e soprattutto la drammatica percezione di tutti nel partito che «andando avanti così moriamo, perdiamo un punto a settimana», hanno convinto Berlusconi a cambiare rotta. E a concedere spazio, ruoli di potere e forse primarie, che lo dovrebbero far retrocedere dal ruolo di capo assoluto a quello di padre fondatore e icona carismatica.

Ai suoi parlamentari riuniti in serata, l’ex premier ha detto che c’è «l’esigenza che alla struttura esistente e al mio staff si affianchi un gruppo di lavoro che in tempi brevissimi intervenga per restituire a FI l’efficacia delle origini». Affidando a Toti e Carfagna «sulla base delle mie indicazioni» il compito di curare anche il coordinamento di un gruppo al quale verrà affidato l’incarico di preparare il congresso nel quale si valuterà «l’opportunità di indire ampie consultazioni popolari in ordine alle cariche elettive». A votare sulla proposta, sarà un consiglio nazionale il 13 luglio.

È una forte apertura alle primarie o a meccanismi di scelta dal basso, ed è quello che chiedeva Toti da mesi. Lo ha fatto anche ieri, durante un lungo pranzo con Berlusconi, Niccolò Ghedini e Gianni Letta nel quale si è trovata l’intesa a un passo dalla possibile rottura. La chiamata per siglare la pace era arrivata da Arcore martedì sera: è stato Ghedini — mediatore infaticabile di tutta l’operazione — a convocare Toti a Roma per oggi, spiegandogli la strada che si voleva imboccare, e che sembra sia stata accettata da Berlusconi anche su forte pressione della famiglia. Nell’incontro — dopo i reciproci «Ti voglio bene», il «Non volevo attaccarti, ma salvare il partito» di Toti — è arrivata la proposta: la guida a due, e un comitato allargato per scrivere le regole. Si è anche parlato dell’ipotesi di un cambio del nome del partito per venire incontro alla richiesta di novità dell’elettorato, e Toti che aveva già lavorato a ipotesi per una sua creatura ha mostrato simboli e slogan, uno possibile è «Cambiamo insieme».

Nel rovente pomeriggio l’intesa ha rischiato di saltare perché i malumori di chi non poteva accettare che tutto fosse affidato solo ai due «ribelli» stavano portando a un comitato a 5 con Tajani, Bernini e Gelmini in posizione paritaria. Ma sia Toti che la Carfagna, raccontano, in quel caso avrebbero fatto saltare il banco: «Deve essere chiara la discontinuità e il nostro ruolo, o non ci stiamo», la sostanza delle loro parole. E si è arrivati all’ultima mediazione, quella definitiva. Che di fatto stabilisce nuovi equilibri nel partito sia nel caso di primarie (alle quali i due si candiderebbero), sia in vista di possibili elezioni anticipate, con Toti e Carfagna che partirebbero in pole position per la leadership del partito.

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