11 febbraio 2019 - 22:49

Il Pd firma il manifesto europeista di Carlo Calenda

Orfini: «Lo sottoscrivo a nome del partito». Il caso alleanze dopo il secondo posto in Abruzzo. L’ipotesi di capilista non dem alle Europee

di Maria Teresa Meli

Il Pd firma il manifesto europeista di Carlo Calenda (LaPresse)
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Mai un partito è stato così contento di essere arrivato secondo. Al Pd si parla già di «modello Abruzzo». E uno dei più entusiasti sostenitori è il segretario in pectore Zingaretti, convinto com’è che occorra dar vita a un «partito aperto»: «Basta con l’atteggiamento borioso sulle alleanze». Ovviamente ogni riferimento a Renzi non è affatto casuale. È in questo tentativo del Pd di risalire la china e di escogitare una formula e un’offerta politica che rendano il centrosinistra più appetibile all’elettorato che si inserisce la decisione del presidente del partito Matteo Orfini (presa con i tre candidati alla segreteria) di firmare il manifesto europeista di Carlo Calenda.

Certo, le Europee sono vicine ed è difficile che già in quelle elezioni prenda vita una nuova coalizione, anche perché lì vige il sistema proporzionale. Ma l’idea è mettere capilista, o comunque ai primi posti, esponenti che non hanno la tessera del Pd in tasca o che, pur avendola, non siano «dem» ortodossi. Due nomi per tutti: Pisapia e Calenda. E poi molte donne. Poiché in politica non c’è nulla di più inedito dell’edito, l’obiettivo in vista delle politiche, anticipate o a scadenza naturale che siano, è quello di metter su una sorte di Unione. Anche il competitor di Zingaretti, Martina, è d’accordo. E adesso nel Pd, esattamente come accadeva nel 2006, è tutto un parlare di «nuovo centrosinistra». Insomma Legnini, promuovendo uno schieramento che andava da Leu alla Lorenzin, sembra aver dato la linea. E Zingaretti è convinto che ora il partito «sia destinato a essere nuovamente competitivo» e si possa tornare a un bipolarismo in cui il ruolo dei protagonisti spetti al centrodestra e al centrosinistra con i 5 Stelle che stanno a guardare. Di più, il governatore del Lazio ritiene che nel futuro si possa puntare anche sul voto dell’elettorato in fuga dai grillini. Ancora ieri a qualche amico spiegava: «Non ho mai voluto fare l’alleanza con i 5 Stelle ma penso che ora una parte di loro alle prossime comunali, nel secondo turno, potrebbe votare per il nostro candidato».

I renziani duri e puri, però, nutrono qualche dubbio sull’«ennesimo nuovo centrosinistra». Afferma infatti Scalfarotto: «Penso il contrario di Martina e Zingaretti. Ce lo ha insegnato il 2006, con l’aritmetica si può anche vincere ma non si può governare».

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