Jimmy Lai alla sbarra. Così Hong Kong impone la legge della Cina

di Guido Santevecchi

L’editore democratico, 76 anni, in carcere dal 2020 per «collusione con forze straniere e sedizione» rischia di restare prigioniero a vita

 Jimmy Lai alla sbarra. Così Hong Kong impone la legge della Cina

Si è dichiarato non colpevole dei reati di «collusione con potenze straniere e pubblicazione di materiale sedizioso» Jimmy Lai, l’editore democratico di Hong Kong sotto processo per aver violato la Legge di sicurezza nazionale cinese imposta al territorio nel 2020. Lai, 76 anni, è apparso molto dimagrito, provato da tre anni di carcere che gli consentono solo 50 minuti di «aria» al giorno, ma sempre con il portamento eretto mentre entrava in aula.

Dal recinto degli imputati questa mattina ha salutato con la mano un centinaio di amici e sostenitori ammessi nella galleria del pubblico, sorridendo alla moglie Teresa e ai figli Augustin e Claire, seduti accanto al cardinale cattolico Joseph Zen, un’altra famosa figura del fronte di opposizione. Il governo di Hong Kong ha mobilitato mille agenti in uniforme e in borghese che da ieri presidiano ventiquattro ore su ventiquattro la zona del tribunale di West Kowloon, per scoraggiare manifestazioni.

«Già essere qui è una forma di resistenza», ha detto un uomo del pubblico ai cronisti della stampa estera. Questo processo, dopo la chiusura di Apple Daily, il giornale di opposizione di Jimmy Lai, è anche lo scontro finale tra quel che resta della libertà di parola e di stampa a Hong Kong e la nuova linea repressiva imposta da Pechino con la Legge di sicurezza nazionale.

In gioco poi c’è l’autonomia del sistema giudiziario di Hong Kong. L’apertura del processo è stata ritardata di un anno mentre si consumava una sfida procedurale che segna anche l’erosione delle libertà speciali garantite da Pechino per 50 anni almeno nel 1997, quando la Gran Bretagna restituì la colonia: il governo del territorio non ha voluto accettare che Lai fosse difeso da un avvocato britannico e si è rivolto a Pechino per dirimere la questione; ha negato anche la presenza di una giuria popolare; ha selezionato i tre giudici. La Legge sulla sicurezza nazionale cinese, secondo le autorità, ora deve prevalere su ogni istanza.

Stati Uniti, Gran Bretagna e Unione europea chiedono la liberazione dell’editore, dichiarano che il processo è politico. A Londra Sebastien Lai, il figlio più grande del prigioniero, è stato ricevuto dal ministro degli Esteri David Cameron: «In sostanza, Hong Kong sta processando le sue libertà, compreso il suo sistema giudiziario», ha detto. Pechino replica che si tratta di interferenza straniera a favore del «più noto elemento anti-cinese che ha cercato di destabilizzare Hong Kong». Tra i capi d’imputazione c’è il viaggio a Washington compiuto nel 2019 dall’editore per incontrare il vicepresidente americano Mike Pence e il segretario di stato Mike Pompeo. Formalmente, anche l’intervento a suo favore dei governi stranieri oggi può rafforzare la linea dell’accusa. La «pubblicazione di materiale sedizioso» si riferisce agli articoli di Apple Daily, che documentarono per tutto il 2019 lo scontro tra fronte di opposizione democratica e governo. Nel 2020 centinaia di poliziotti andarono a perquisire la sede del giornale, intimidirono la redazione, arrestarono Jimmy Lai e bloccarono i conti correnti della società editoriale. A giugno del 2021 Apple Daily, soffocato economicamente e minacciato, è stato costretto a chiudere con un ultimo numero che vendette in edicola un milione di copie.

In una città di sette milioni di abitanti, quelle file interminabili all’edicola per portarsi a casa l’ultima edizione dimostrarono che Apple Daily non era «la mela marcia della sedizione» come sostiene l’accusa. Dietro il significato politico di questo processo, che durerà tre mesi, c’è la figura umana di Jimmy Lai. Nato in Cina nel 1947, era fuggito a Hong Kong per inseguire il sogno di libertà, diventando un industriale di successo. Ha il passaporto britannico, nel 2020 sarebbe potuto andare a vivere a Londra agiatamente. Ha deciso di restare per combattere una battaglia con poche speranze per il futuro democratico della città che lo aveva accolto da ragazzo. La Legge di sicurezza nazionale cinese prevede fino all’ergastolo. Ma anche una sentenza più mite, per un uomo di 76 anni che è prigioniero da più di mille giorni, può significare una condanna a vita.


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18 dicembre 2023 (modifica il 18 dicembre 2023 | 13:00)