I risultati delle elezioni di midterm

di Viviana Mazza

È ancora presto per quelli definitivi(per i quali potrebbero servire anche dei giorni), ma questa è la situazione, al momento: alla Camera i repubblicani potrebbero conquistare meno seggi della media delle elezioni di midterm (cioè 29), e il Senato resta in bilico

desc img

DALLA NOSTRA CORRISPONDENTE — L’America ha votato per le elezioni di midterm, il rinnovo della Camera dei Rappresentanti e di un terzo del Senato, oltre che per 36 governatori statali.

È un voto fondamentale per capire se i democratici perderanno il controllo del Congresso e, di conseguenza, il secondo biennio di Joe Biden alla Casa Bianca vedrà un presidente molto limitato nella sua azione politica.

Abbiamo seguito la serata dei risultati dalla festa organizzata dal Partito repubblicano a Phoenix per Kari Lake, attesa come prossima governatrice dell’Arizona. Ma persino qui, tra i selfie e le risate, si percepisce che la valanga rossa che gli speaker sul palco continuano a invocare potrebbe non materializzarsi.

E se è ancora troppo presto per i risultati definitivi, questa, al momento, è la fotografia della situazione.

1. CAMERA
L’aspettativa è ancora che i repubblicani conquistino la maggioranza alla Camera, ma i primi segnali indicano che l’onda rossa non dovrebbe esserci.

Il primo è stato la riconferma di Abigail Spanberger, una delle donne dell’onda democratica del 2018, nel secondo distretto della Virginia, che era considerato in bilico. Anche il deputato democratico Frank J. Marvin, in un altro seggio considerato un indicatore importante in Indiana, sembra potercela fare a difendere la sua poltrona. Sono seggi che tipicamente vengono trascinati via nelle «ondate» elettorali, ma che hanno tenuto. Qualcuno pensa persino che i democratici abbiano qualche chance di mantenere il controllo della Camera; più probabilmente riusciranno comunque ad evitare lo scenario peggiore.
La media dei seggi conquistati nelle elezioni di midterm dal partito all’opposizione alla Camera è di 29 (negli ultimi 100 anni); i repubblicani appaiono in difficoltà ad arrivare a questo numero.

2. SENATO
Il Senato resta in bilico. Aspettiamo i risultati nelle corse più incerte e più decisive: Pennsylvania, Nevada, Georgia e Arizona. I repubblicani devono conquistare un seggio in più e confermare tutti quelli già occupati. Se non ci riescono, sarebbe la settima volta soltanto negli ultimi cento anni che il partito all’opposizione manca l’obiettivo.

3. LE SFIDE CHIAVE
In Pennsylvania ha vinto il candidato democratico John Fetterman. Potrebbe invece volerci tempo per avere i risultati completi in Georgia, essendoci un terzo candidato in lizza che ha circa il 2%: ciò potrebbe impedire ai due candidati, il democratico Raphael Warnock e il repubblicano Hershel Walker, di ottenere il 50% necessario in questo stato per la vittoria, il che rimanderebbe al secondo turno (a dicembre) questa elezione e potenzialmente (a seconda dei risultati nelle altre corse) potrebbe tenere in sospeso il risultato complessivo al Senato.
Anche qui l’onda rossa non c’è stata: i repubblicani hanno perso in New Hampshire, dove Maggie Hassan era considerata leggermente favorita ma non una vittoria certa. Anche in Colorado, nonostante la speranza di una vittoria a sorpresa i repubblicani hanno perso: è stato riconfermato il senatore democratico Michael F. Bennet. I repubblicani hanno conquistato l’Ohio con lo scrittore J.D. Vance e la North Carolina con Ted Budd.

4. GOVERNATORI
I democratici hanno vinto in Pennsylvania con Josh Shapiro contro il negazionista trumpiano Doug Mastriano, in una corsa inizialmente considerata a rischio ma nelle ultime settimane diventata evidente a causa anche di una disastrosa campagna di Mastriano, troppo estremista per il sud-ovest dello Stato. I repubblicani celebrano due governatrici, Sarah Sanders in Arkansas e Kristi Noemin South Dakota, in attesa di sapere se Kari Lake prevale in Arizona. Ron DeSantis, il governatore della Florida e potenziale rivale di Trump per la nomination repubblicana, ha vinto con un ampio margine. Ci sono poi nomine storiche come quella di Wes Moore, primo governatore nero del Maryland, considerato una nuova voce carismatica che può emergere in un Partito democratico che ne ha bisogno.

Questa analisi è stata pubblicata su PrimaOra, la newsletter che il Corriere riserva ai suoi abbonati. Per riceverla occorre iscriversi a Il Punto: lo si può fare qui

9 novembre 2022 (modifica il 9 novembre 2022 | 14:01)