17 gennaio 2019 - 13:12

Morta Maritsa, la nonna di Lesbo che allattava i migranti

E’ morta a quasi 90 anni, fu candidata al Nobel della Pace con le altre anziane dell’isola greca. Il suo insegnamento: «Ci comportiamo da esseri umani»

di Giuseppe Gaetano

Morta Maritsa, la nonna di Lesbo che allattava i migranti
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La tenera foto in cui teneva in braccio un piccolo migrante appena sbarcato, dandogli il latte con il biberon insieme alle amiche, divenne il simbolo di una bontà spontanea, limpida, contadina, immune da valutazioni e calcoli politici. Un’immagine talmente evocativa ed emblematica da valerle la candidatura al premio Nobel per la Pace 2016, assegnato poi al presidente colombiano Juan Santos per l’accordo con le Farcs. Maritsa Mavrapidou - una delle tre “nonne” di Lesbo immortalate in quello scatto del 2015, al culmine della crisi migratoria del Mediterraneo - si è spenta giovedì a 89 anni. Le altre due anziane fotografate sono la cugina Efstatia, arrivata oggi a 95 anni, e Emilia Kamvisi, di 88: per mesi fecero avanti e indietro dall’entroterra alla costa, portando vestiti e pane fatto in casa ai profughi che approdavano. «Anche noi discendiamo da rifugiati» disse Maritsa in un’intervista, spiegando che la sua famiglia era arrivata sull’isola greca dalla Turchia nel 1922, a seguito di un traumatico scambio di popolazione tra i due paesi.

«Se hanno rischiato di annegare, vuol dire che là non potevano restare» la sua immacolata e semplice visione del problema. Come semplice è stata la sua vita, in una casetta senza radio e tv. «Ci comportiamo da esseri umani» affermava con una praticità e verità disarmanti. Era analfabeta, ma la «cultura» del bene gliel’aveva fornita la vita e l’esperienza. Ce l’aveva dentro quell’umanità, vergine e cristallina, invocata da Vittorio Arrigoni nel conflitto palestinese e diventata in breve tempo uno slogan, un tormentone, un hashtag buono per tutte le stagioni, un gadget svuotato d’ogni senso come l’effige del Che su spille e berretti. E’ da 300 anni che, secondo Kant, avremmo dovuto appropriarci autonomamente del «diritto naturale», della capacità d’intendere e volere da soli - senza indottrinamenti esterni - cos’è buono e giusto. Quella «legge morale» che il filosofo ha citato pure sulla sua tomba, la sentono dentro ancora in pochi. Maritsa era tra questi.

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