l’operazione

Il Vaticano ha venduto il palazzo di Londra per 186 milioni di sterline: l’aveva acquistato per oltre 300

di Mario Gerevini

Il Vaticano ha venduto il palazzo di Londra per 186 milioni di sterline: l'aveva acquistato per oltre 300

Il Vaticano ha venduto il palazzo di Londra, il peggior affare nella storia recente della Santa Sede. I soldi persi sono tanti ma gli effetti secondari, a partire dal processo penale e dal crollo di equilibri secolari, sono stati dirompenti. L’Apsa, Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, ha comunicato di aver concluso la procedura di vendita a Bain Capital dell’ex sede di Harrods in Sloane Avenue a Londra per 186 milioni di sterline. «Le perdite riscontrate — è detto in una nota — rispetto a quanto speso per l’acquisto dell’immobile sono state conferite alla riserva della Segreteria di Stato, senza che in nessun modo in questa circostanza sia toccato l’Obolo di San Pietro, e con esso le donazioni dei fedeli».

La vicenda
Complessivamente l’investimento era stato di 300 milioni di sterline. Quindi si tratta di una perdita molto consistente. Ma non era stata la Segreteria di Stato ad acquistare il palazzo? Già da questo passaggio tecnico si intuiscono gli effetti collaterali di quel surreale quinquennio (2014-2019) durante il quale l’ingente cassa (600 milioni) del più importante dicastero vaticano, la Segreteria di Stato, è stata gestita come se fosse un hedge fund. Se oggi è l’Apsa a occuparsi del palazzo è perché papa Francesco ha di fatto esautorato la Segreteria di Stato nella gestione delle sue finanze, chiudendo i conti svizzeri e trasferendo il patrimonio in mani più capaci dentro il perimetro delle istituzioni vaticane.

L’anomalia delle scalate in Borsa

Ma perché il palazzo di Londra ha fatto scandalo? In fondo non è un investimento immobiliare come tanti fatti dalla Chiesa? È proprio così: un investimento come tanti. Ma il modo in cui sono stati investiti i soldi fa la differenza. Basta mettere in fila i fatti. E ricordarsi che si tratta di denaro “con l’anima”, cioè la cassa della Segreteria alimentata anche dall’Obolo di San Pietro, ovvero le offerte annuali dei fedeli al papa. Nel 2014 la Segreteria di Stato (numero uno Pietro Parolin, numero due Angelo Becciu) investe 200 milioni di dollari nel fondo Athena gestito dal finanziere Raffaele Mincione. Il fondo acquista dallo stesso Mincione il 45% del palazzo e un’altra parte dei capitali viene indirizzata dallo stesso finanziere su operazioni speculative: le scalate in Borsa alla Banca Popolare di Milano e alla Carige per esempio. Se all’epoca si fosse saputo che le incursioni di Mincione in Piazza Affari erano finanziate anche con capitali vaticani ci sarebbe stato uno scandaletto e si sarebbe fermato tutto lì. Ma era tutto blindato, coperto, riservato, patrimonio informativo di pochissimi. Tra questi, due uomini chiave nella gestione delle risorse del papa: monsignor Alberto Perlasca e il laico Fabrizio Tirabassi, dipendenti della Segreteria. Quando finalmente si è compreso che il matrimonio d’affari Vaticano-Mincione era insensato, la Segreteria a fine 2018 ha preso come consulente per la separazione Gianluigi Torzi, abile broker di valute ma una figura tutt’altro che istituzionale.

Il contenzioso con Torzi

Nel frattempo l’arcivescovo venezuelano Edgar Peña Parra aveva preso il posto di Becciu come Sostituto per gli affari generali, cioè l’ufficio che, tra l’altro, gestisce la cassa. La Segreteria, che aveva il 45% del palazzo, trova l’accordo con Mincione: rileva il restante 55%, esce dal fondo e paga 40 milioni di sterline di conguaglio. Nasce però un contenzioso con Torzi per la governance del palazzo che si conclude, dopo estenuanti trattative, versando 15 milioni al broker nel maggio 2019. In questo lungo periodo (2014-2019) il Vaticano ha pagato provvigioni a Mincione, Torzi e altri per almeno 100 milioni. Ma loro sono finanzieri, fanno questo di professione. Il processo penale dirà se lecitamente o meno, così come saranno giudicati anche i protagonisti interni al Vaticano. Ma al netto dei codici, chiunque rileggendo la storia del quinquennio 2014-2019 arriva alla conclusione che la gestione del patrimonio della Segreteria è stata indiscutibilmente scandalosa. A partire dal palazzo di Londra. Che ora per fortuna è stato venduto. Resterà il suo fantasma, per un bel po’.

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