L’annuncio

Si chiamerà «Sur» la moneta comune di Brasile e Argentina: al via i preparativi

di Massimiliano Jattoni Dall’Asén

Si chiamerà «Sur» la moneta comune di Brasile e Argentina: al via i preparativi

Una moneta comune per i due più grandi Paesi del Sud America. Il Brasile di Lula e l’Argentina di Alberto Fernández annunceranno questa settimana i preparativi, ai quali altre nazioni latinoamericane saranno invitate ad aderire in futuro, per realizzare una moneta comune che, inizialmente, dovrebbe funzionare in parallelo con le valute esistenti. Il progetto, se andrà a buon fine, potrebbe dare vita al secondo blocco valutario più grande del mondo.

Il vertice del Celac

Le due maggiori economie del Sudamerica discuteranno il piano in occasione del vertice del Celac, la Comunità dei 33 Stati latinoamericani e dei Caraibi, previsto per il 23 e il 24 gennaio a Buenos Aires. E l’annuncio ufficiale è atteso durante la visita del presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva, che arriverà inizierà in Argentina domenica sera, per il suo primo viaggio all’estero da quando ha assunto il potere il primo gennaio scorso. La valuta, che il Brasile suggerisce di chiamare “Sur” (ovvero sud), potrebbe dare un importante impulso al commercio regionale e ridurre la dipendenza dei Paesi latinoamericani dal dollaro statunitense. Come detto, in un primo momento, la nuova moneta comune dovrebbe funzionare in parallelo con il real brasiliano e il peso argentino. Durante il vertice, dunque, si dovrebbe prendere «una decisione per iniziare a studiare i parametri necessari per una moneta comune, che comprende tutto, dalle questioni fiscali alle dimensioni dell’economia e al ruolo delle banche centrali», ha dichiarato al Financial Times il ministro dell’Economia argentino Sergio Massa. «Non voglio creare false aspettative - si è affrettato però ad aggiungere -, ma è il primo passo di un lungo cammino che l’America Latina deve percorrere». Negli anni scorsi, Brasile e Argentina avevano già discusso di una moneta comune, ma i colloqui erano sempre naufragati per l’opposizione della banca centrale brasiliana. Ma ora che i due Paesi sono entrambi governati da leader di sinistra, il sostegno politico è maggiore.

Brasile e Argentina, scambi commerciali per 26,4 miliardi di dollari

Gli scambi commerciali tra Brasile e Argentina sono fiorenti e hanno raggiunto i 26,4 miliardi di dollari nei primi 11 mesi dello scorso anno, con un aumento di quasi il 21% rispetto allo stesso periodo del 2021. Le due nazioni sono la forza trainante del blocco commerciale regionale Mercosur, che comprende anche Paraguay e Uruguay. La spinta a una moneta comune sudamericana è più forte in Argentina, dove l’inflazione annuale oscilla tra il 90 e il 100%, con la banca centrale costretta a stampare denaro per finanziare la spesa. Una moneta comune potrebbe aiutare, e secondo le stime del Financial Times, se coprisse tutta l’America Latina rappresenterebbe circa il 5% del Pil globale. Per avere un’idea della proporzione, l’unione valutaria più grande del mondo, l’euro, comprende circa il 14% del Pil globale se misurato in termini di dollari. Altri blocchi valutari includono il franco Cfa, utilizzato da alcuni Paesi africani e agganciato all’euro, e il dollaro dei Caraibi orientali. Il progetto brasiliano-argentino richiederà probabilmente molti anni per essere realizzato. Del resto, lo stesso Massa ha ricordato come l’Europa abbia impiegato 35 anni per dare vita all’euro.

I timori del Brasile

Intanto, però, un portavoce del ministero delle Finanze brasiliano ha dichiarato di non essere a conoscenza di un gruppo di lavoro su una moneta comune. Semmai, il neo ministro delle Finanze, Fernando Haddad, era stato coautore di un articolo apparso l’anno scorso, prima di assumere l’attuale incarico, in cui proponeva una moneta sudamericana comune, ma digitale. I timori del Brasile nell’agganciare la più grande economia dell’America Latina a quella del suo vicino perennemente instabile sono concreti. L’Argentina è stata infatti in gran parte tagliata fuori dai mercati internazionali del debito dopo il default del 2020 e deve ancora più di 40 miliardi di dollari al Fondo monetario internazionale per il salvataggio del 2018.

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