«Niente pancia scoperta a scuola»: protesta degli studenti contro le nuove regole di un liceo dell’Alto Adige

di Alan Conti

La dirigente di un liceo dell’Alto Adige ha inviato una lettera alle famiglie chiedendo «abbigliamento appropriato» per gli studenti, che hanno protestato vestendosi con abiti che lasciano la pancia scoperta

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BRUNICO «A scuola si va con un abbigliamento appropriato quindi, preferibilmente, senza magliette che lascino la pancia completamente nuda». È grosso modo questo il tenore di una lettera inviata alle famiglie da Isolde Maria Künig dirigente del liceo pedagogico in lingua tedesca a Brunico. Il testo è finito su un gruppo Facebook, diventando immediatamente un argomento caldo di discussione. Ingerenza giusta o meno? Cosa significa «appropriato»? Il tutto alla luce di possibili sanzioni paventate dalla Direzione dell’istituto nei confronti degli studenti che non si fossero adeguati alla direttiva. Al netto dell’impossibilità di avere un «appropriatometro» ci si chiede, dunque, quale sia la linea di demarcazione. E se debba esistere. «Ci sono state molte lamentele per la leggerezza degli abiti di alcuni studenti — spiega Künig — con la salute dei ragazzi come primaria preoccupazione». In che senso? «È rischioso, per esempio, accettare che si possa imporre una sorta di ideale di pancia piatta che potrebbe portare a diete pericolose con l’obiettivo di raggiungerlo». Un caso simile era avvenuto in un liceo di Roma a febbraio: una studentessa era stata ripresa da un’insegnante per il suo abbigliamento e gli studenti avevano protestato presentandosi tutti a pancia scoperta.

La direzione dell’istituto è molto attenta a non farne una questione di genere ma tendenzialmente la moda vede più spesso capi femminili con questa caratteristica. Sarebbe ipocrita, insomma, considerare la polemica totalmente priva di questa specificità. Non basta, insomma, qualche asterisco. Gli stessi studenti, comunque, hanno protestato immediatamente vestendosi tutti con abiti che lasciano la pancia scoperta. Ragazzi compresi. Una bufera che ha preso parzialmente in contropiede la stessa dirigente. «Forse ho sbagliato mettere questi concetti in forma scritta perché non si è inteso il tono della formulazione. La lettera ha preso un significato differente da quelle che erano le intenzioni. Avrei dovuto parlare direttamente con gli studenti».

Cosa che ha fatto l’altro giorno, scusandosi per l’incomprensione e cercando di fare dell’accaduto uno spunto di lavoro formativo. «Domani (questa mattina per chi legge, ndr ) ci troveremo di nuovo per elaborare insieme quello che potrebbe essere un dress code condiviso per la scuola». Nel frattempo la polemica ha travalicato lo steccato della scuola con un intervento significativo da parte della presidente dell’associazione antiviolenza Gea, Christine Clignon. «Mi chiedo davvero chi possa definire un abbigliamento “adeguato”. Quali norme possano descrivere in modo oggettivo questa condizione? Gli standard culturali sono molto discutibili perché spesso imposti dagli uomini in carica in un preciso luogo (in Afghanistan, per esempio, si prevede una copertura totale delle donne). Le norme igieniche? In sauna basta un asciugamano. I gradi esterni? Spesso gli adolescenti hanno vampate di calore che noi ignoriamo. Dopo lunghe riflessioni, affrontate anche con mia figlia, sono arrivata alla conclusione che ogni persona può decidere da sola cosa considerare appropriato e come si senta a suo agio. Naturalmente possono esserci ambienti privati che impongono un abbigliamento, ma ognuno è libero di aderirvi o meno. Nei luoghi pubblici, invece, ciascuno dovrebbe avere la possibilità di esprimersi liberamente anche se volesse indossare la tuta da sci in sauna».

La vicenda non è completamente nuova per la scuola tedesca altoatesina. Un dibattito simile si accese quando alcuni ragazzi si presentarono tra i banchi indossando magliette con lo slogan politico «Ein Tirol». La sovrintendente Sigrun Falkensteiner commenta con cautela. «Al di là dei casi singoli trovo sempre un fatto positivo discutere dell’abbigliamento a scuola. È un tema che mette in primo piano la libertà di espressione individuale ma anche le implicazioni che abiti diversi possono avere in termini di possibilità economiche e appartenenza o meno a gruppi specifici. È un dibattito formativo».

13 aprile 2022 (modifica il 13 aprile 2022 | 16:48)