21 gennaio 2021 - 17:41

Vaticano, condannato l’ex presidente dello Ior Angelo Caloia

Otto anni e undici mesi, oltre a 12.500 euro di multa per il banchiere accusato di riciclaggio e appropriazione indebita aggravata. Caloia ha 81 anni e ha guidato la banca vaticana per vent’anni, fino al 2009

di Gian Guido Vecchi

Vaticano, condannato l'ex presidente dello Ior Angelo Caloia
shadow

CITTÀ DEL VATICANO- Otto anni e undici mesi per peculato, appropriazione indebita aggravata, autoriciclaggio. La sentenza letta ieri pomeriggio dal presidente del Tribunale vaticano, Giuseppe Pignatone, è a suo modo storica. Perché condanna, insieme con due altri imputati, una figura chiave nella storia recente del Vaticano: l’ex presidente dello Ior Angelo Caloia, 81 anni, il banchiere che nel 1989 sostituì Paul Marcinkus e guidò la banca vaticana per vent’anni, fino al 2009. E perché Oltretevere, per la prima volta, si arriva a una condanna al carcere per reati finanziari - la svendita di immobili vaticani e l’incasso della differenza - dopo uno scandalo che non è scoppiato all’esterno ma è nato, nel 2014, da una verifica voluta dalla Santa Sede e da una denuncia dello stesso Io. Segno che i sistemi di controllo voluti da Papa Francesco stanno funzionando: anche l’inchiesta in corso sull’acquisto del Palazzo di Londra, una vicenda distinta, è nata da una segnalazione interna.

Alla stessa pena di Caloia, compresa una multa di 12.500 euro, è stato condannato l’ex avvocato dello Ior Gabriele Liuzzo, che ora ha 97 anni; il figlio Lamberto Liuzzo è stato condannato a 5 anni e due mesi e 8 mila euro di multa per riciclaggio. I tre imputati sono stati interdetti in perpetuo dai pubblici uffici. Ma non basta: il Tribunale ha diposto a loro carico «la confisca di somme complessivamente pari a circa 38 milioni di euro»; inoltre, sono stati condannati a risarcire oltre 20 milioni di danni allo Ior e alla società immobiliare controllata Sgir.

La dismissione del patrimonio (al ribasso)

La vicenda riguarda la vendita di 29 immobili di proprietà dell’Istituto, tra il 2001 e il 2007. Una vendita compiuta da Caloia e Gabriele Liuzzo, secondo l’accusa, «d’intesa con l’allora direttore generale dello Ior Lelio Scaletti», morto a fine 2015. Per lo più palazzi a Roma e in provincia, ma anche a Milano a Genova.

Avevano un valore di 150 milioni di euro, ricordavano a fine dicembre i pubblici ministeri, e sono stati ceduti a meno di cento: gli imputati avrebbero incassato in vari modi la differenza, 59 milioni di euro riciclati in parte in Svizzera. Il processo, iniziato il 9 maggio 2018, è durato due anni e mezzo. I periti hanno stimato 34 milioni di differenza tra vendita e valore di mercato. Alla fine il tribunale ha assolto gli imputati per alcuni dei 29 immobili ma ha ritenuto provato che «in alcuni casi si sono effettivamente appropriati di parte del denaro pagato dai compratori, o comunque di denaro dello Ior e della Sgir, per un importo complessivo di circa 19 milioni di euro».

Il promotore di giustizia vaticano, Gian Piero Milano, ha parlato di «un processo destinato a restare nella storia». I difensori di Caloia hanno già presentato appello. Fin dal 2014 Caloia si era detto «sconcertato, attonito e profondamente avvilito» protestando la propria «totale estraneità», e si era dimesso da presidente della Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano. Soddisfatto il commento del Vaticano: «Si tratta della prima applicazione della normativa introdotta nel dicembre 2018, nel quadro più generale dell’adeguamento della legislazione vaticana agli standard internazionali per il contrasto al riciclaggio, alla corruzione e ad altri gravi reati».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
ALTRE NOTIZIE SU CORRIERE.IT