30 luglio 2020 - 18:53

Coronavirus, 133 positivi a Treviso nell’ex Caserma Serena. Zaia: «Va trattata da zona rossa»

Il focolaio alla caserma «Silvio Serena». I migranti sono tutti asintomatici, in quarantena, le forze dell’ordine presidiano la caserma. la maggior parte di loro arrivata in Italia prima dei decreti di Salvini

di Claudio Del Frate e Silvia Madiotto

Coronavirus, 133 positivi a Treviso nell'ex Caserma Serena. Zaia: «Va trattata da zona rossa»
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Nell’improvviso balzo in avanti di casi di Covid registrato oggi, giovedì, in Italia, il numero maggiore si registra in Veneto. E all’interno del Veneto è Treviso a fare i conti con il risveglio del Covid. Un bollettino diffuso in serata mette a statistica 199 nuovi contagi nelle ultime 24 ore, 133 dei quali hanno toccato migranti ospitati alla caserma «Silvio Serena», di Casier (Treviso) una struttura che da anni funziona da centro di accoglienza. Qui è stato individuato un nuovo focolaio del virus ma il fatto che i malati siano migranti ha immediatamente incendiato il dibattito politico. Matteo Salvini, intervenuto in mattinata al Senato sul caso Open Arms, ha subito accusato il governo di agevolare la diffusione del virus attraverso la politica dei porti aperti, il, sindaco di Treviso Mario Conte ha annunciato che denuncerà il governo per il «danno incalcolabile» arrecato alla città. In realtà le persone della «Serena» infettatesi non hanno nulla a che vedere con i recenti sbarchi a Lampedusa. Alcuni sono a Treviso addirittura da anni. «Un mega pasticcio, le forme di ospitalità “senza se e senza ma”, a differenza di quelle per chi scappa davvero dalla morte o dalla fame e che va aiutato, causano solo guai. Visti i rischi sanitari, i centri di accoglienza devono essere trattati come zone rosse, senza le scelte dei Comuni», aveva detto ieri il governatore del Veneto, Luca Zaia, come si legge sul Gazzettino, commentando la situazione del Centro di accoglienza allestito all’interno dell’ex caserma Serena.

I bollettini della Regione

Alle 8 di questa mattina, giovedì, la Regione Veneto diffonde come di consueto un primo bollettino sull’andamento del coronavirus. Da lì emerge il primo risveglio dei contagio, che a Treviso sono 80. Poche ore dopo il dato viene aggiornato ed emerge che ci sono 133 positivi al tampone tra gli stranieri della caserma «Serena». In serata la conferma ufficiale con il dato complessivo della provincia: 299 nuovi casi, di cui 133 nel centro di accoglienza. Tutti i migranti presenti nella struttura vengono immediatamente posti in quarantena e isolati ma come detto il caso «deflagra» in campo politico con Salvini e la Lega che ricollegato il nuovo focolaio all’ondata di sbarchi a Lampedusa degli ultimi giorni e sul rischio che da lì il contagio si propaghi di nuovo in tutto il Veneto, diffuso da stranieri in fuga.

Prima dei decreti sicurezza

Vista da Treviso, tuttavia, la situazione appare diversa. Gli ospiti della «Serena» sono tutti in quarantena, tutti asintomatici e non possono uscire: le forze dell’ordine sorvegliano il perimetro dell’edificio. Tra una settimana l’azienda sanitaria effettuerà nuovi test. In totale all’interno della caserma vivono 290 persone (compresi 6 operatori), nessuno dei quali è arrivato a Treviso in seguito agli sbarchi degli ultimi giorni. Ci sono in gran parte giovani provenienti da Paesi dell’Africa subsahariana, ma anche richiedenti asilo mediorientali. Una consistente parte di loro è approdata in Italia durante i «picchi» migratori degli anni passati. Molti lavorano o hanno avviato un percorso di inserimento precedente all’emanazione dei decreti Salvini che hanno smantellato i meccanismi di accoglienza. «Proprio oggi ero atteso per un colloquio di lavoro per un posto da operaio metalmeccanico» si rammarica Patrice Kouame, richiedente asilo 37enne della Costa d’Avorio.

La ex caserma

La caserma «Silvio Serena» è stata convertita in centro di accoglienza per migranti tra il 20125 e il 2016 , attualmente è gestita da un’azienda privata la «Nova Facility» che è la stessa ad avere in carico la struttura di accoglienza di Lampedusa. All’inizio di giugno era già stato riscontrato un caso di positività che però riguardava un operatore della struttura.

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